Venerdì 15 luglio 2022 alle ore 19 (fino al 6 novembre 2022) la Fondazione Museo Pino Pascali presenta la mostra Dialoghi. Pino Pascali e Ugo Mulas, curata da Alessio de’Navasques in collaborazione con l’Archivio Ugo Mulas, con il coordinamento scientifico di Rosalba Branà.

Quarantuno immagini in bianco e nero, rare vintage print, serie poco conosciute o mai esposte interamente, tracciano uno spaccato di incontri e destini incrociati, tra il fotografo milanese e l’artista pugliese, in un racconto inedito che riallinea e ricuce le relazioni tra arte, moda ed editoria, attraverso l’esperienza pionieristica de L’Uomo Vogue. 

È proprio la testata, nata nel 1967, a commissionare a Mulas i ritratti che scatta a Pascali a Roma nel 1968. Quelle foto codificano il mito di Pascali in un’iconografia nuova e seducente e costituiscono l’incipit alla prima parte del percorso espositivo,nella quale si ricostruisce la storia, collocandola come esperienza peculiare all’interno della ritrattistica di Mulas dedicata agli artisti, in questo caso seguendo la singolare declinazione della fotografia di moda.

Nel tempo dilatato dei fotogrammi, Pascali si muove, rotola, interagisce con la sua opera Cavalletto, inscenando a tratti una performance, s’innalza sul corpo in un rovesciamento simbolico. In questa sequenza, esposta per la prima volta nella sua totalità, Mulas coglie – con quel distacco tipico da testimone-interprete, che ha maturato nell’osservazione degli artisti a New York e in particolare di Duchamp – i tratti caratteristici della personalità di Pascali: la verve ironica, l’anticonformismo, l’intenzione profonda nella ricerca del gesto e nel rapporto con l’opera. 

Questi scatti diventeranno il suo ritratto più famoso, reiterato nell’immaginario collettivo dell’arte contemporanea: eppure pochi sanno l’origine di quelle foto, di cui la mostra riassembla la storia riaccendendo l’attenzione sulla produzione fotografica di Mulas per i primi numeri de L’Uomo Vogue.

Tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, la rivista, con la direzione artistica di Flavio Lucchini è un territorio di sperimentazione e ricerca, nel segno di una creatività italiana talmente fresca e rivoluzionaria da rendere il magazine un unicum,distribuito in tutto il mondo.

La moda è il vettore che dà forma ed espressione a più libera rappresentazione del maschile, dando spazio a nuovi codici, aprendo nuove possibilità vestimentarie per l’uomo che in quegli anni si libera dalla formalità dell’abito tradizionale per indossare, disinvolto, pellicce, giacche alla coreana, capispalla di origine militare. Per ritrarre questo cambiamento sociale epocale non vengono scelti modelli professionisti, ma artisti, cantanti, attori conosciuti e non, registi, creativi di ogni genere, “tutti quelli che avevano una forte personalità, una immagine nuova, curiosa, particolare”, come ricorda lo stesso Lucchini.

La mostra porta alla luce la storia poco nota di questa esperienza seminale nel panorama editoriale internazionale, ricostruendo – per la prima volta attraverso tutte le immagini – due degli editoriali più belli di Mulas pubblicati sui primissimi numeri della testata, quello con gli artisti in pelliccia del 1967 e Sette più sette artisti d’oggi le loro opere i loro abiti del 1969. Per queste serie posarono personaggi di spicco della scena culturale di quegli anni: da Lucio Fontana a Ettore Sottsass, da Alighiero Boetti, ad Aldo Mondino, Tommaso Trini, Getulio Alviani e molti altri. In questa occasione Mulas scatta il più iconico dei ritratti di Giangiacomo Feltrinelli editore e rivoluzionario, tra gli avventori celebri del Bar Giamaica che appare, elegante e dandy,in astrakan e colbacco, come un personaggio di Pasternak, di cui era stato il primo a pubblicare in Italia le opere. Nell’editoriale del 1969 sarà pubblicata postuma l’immagine di Pascali scattata a Roma l’anno precedente: tutto vestito di nero, con sandali e un foulard al collo, fedele alla sua uniforme” d’artista che indossa abiti di Porta Portese, in una forma di resilienza alla seduzione della moda e della comunicazione.

Coeve ai ritratti nello studio – e forse ugualmente destinate a L’Uomo Vogue – sono le foto di Pascali con la compagna di allora, Michelle Coudray, sul Lungotevere, in cui Mulas fissa in eterno, nello smagliante controluce, il mito della giovinezza, assieme alla spontaneità e alla gioia di vivere dei gesti della coppia. Lo scatto con Pascali di spalle – quasi una presenza evocata da un’aura di ricci splendenti con l’ombra di Michelle sullo sfondo – è un’altra immagine molto nota dell’artista, che appare riprodotta anche nel famoso libro Autoritratto di Carla Lonzi. La mostra riesce a contestualizzare questa fotografia, ricostruendo l’intera sequenza di quella giornata. 

La seconda parte del percorso espositivo segna il perimetro degli incontri tra i due, nell’arco di pochi mesi, prima della scomparsa prematura dell’artista, in un tragico incidente nel settembre del 1968.

A Venezia, durante la Biennale del ’68, Mulas è presente per realizzare un reportage dedicato all’evento: la Biennale è per il fotografo una specie di grande teatro, un happening senza soluzione di continuità che pone questioni di durata, problemi di composizione, di resa del movimento, dove l’occhio dell’obiettivo fotografico è lo strumento di comprensione totale, lo sguardo che unisce, in un istante, i generi della cronaca e del ritratto. 

L’ultimo incontro è postumo, con le sole opere, nuovamente a Roma, in occasione della mostra Vitalità del Negativo, curata da Achille Bonito Oliva a Palazzo delle Esposizioni nel 1970. Qui, l’obiettivo di Mulas documenta i 32 metri quadrati di mare circa, cogliendone l’icastica presenza in una serie di sette immagini, anche questa esposta integralmente per la prima volta. 

Si ringrazia la Galleria Lia Rumma Milano / Napoli. Si ringrazia Rossana Muolo e Masseria Torre Coccaro